Critica lesiva sul piano morale dell’immagine del datore di lavoro attraverso Facebook, da parte di un lavoratore sindacalista, legittimo il licenziamento. Nota a Cass. 22 dicembre 2023, n. 35922.
Rilevato che:
1. La Corte d'appello di Bari ha respinto il reclamo proposto da Omissis Omissis, confermando la sentenza di primo grado che, al pari dell'ordinanza emessa all'esito della fase sommaria, aveva rigettato l'impugnativa del licenziamento per giusta causa intimato al predetto il 15.5.2015 dalla Omiossis srl.
2. La Corte territoriale ha premesso che con lettera del 16.4.2015 è stata mossa al dipendente la seguente contestazione disciplinare:
«A seguito di recenti segnalazioni è risultato che ella abbia pubblicato nella sua bacheca Facebook, in maniera visibile dalla generalità degli utenti, alcuni commenti gravemente lesivi dell'immagine e del prestigio dell'azienda nonché dell'onorabilità e dignità dei suoi responsabili e di persone notoriamente legate alla azienda medesima. Ci riferiamo in particolare, alle pubblicazioni di seguito testualmente riportate: (18 febbraio 2015) "Si informano tutti i gentili colleghi dell'azienda Futura che, qualora si voglia aderire e iscriversi alla Filt Cgil perché trattati come stracci, siatene convinti e non che alle prime minacce o false promesse vi tirate indietro, qui nessuno ha tempo da perdere, se li avete gli attributi metteteli fuori, in caso contrario allacciate bene la cintura"; (21 febbraio 2015). "1. Il vecchio oggi di prima mattina va a caccia dei suoi autisti che si sono iscritti al sindacato per fargli le solite minacce o false promesse. Ma che ci sarà mai sotto tutto ciò? Come mai questi hanno tutta questa fottuta paura che la gente si iscrive? Sarà che la Cgil non si fa corrompere come qualcun altro? Provate a farvele queste domande e se siete in grado di trovare la risposta gentilmente ditela anche a me che sono curioso. 2. Io personalmente l'unica risposta che mi riesco a dare è che hanno qualcosa da nascondere e non sono puliti in ciò che fanno altrimenti non ci sarebbe motivo di tutto ciò, paura che tutta la merda viene a galla? Mi sa che il coperchio ormai è stato tolto. 3. Sto vecchio di merda sempre a rompere i coglioni alla gente sta il sabato mattina, ma andasse a fare un giro in montagna, chissà se te la fai tutta rotolando…
Le affermazioni…destituite di fondamento e del tutto gratuite, superano ampiamente i limiti anche della più colorita manifestazione della critica e costituiscono evidente contumelia, ingiuria, diffamazione, rappresentando l'idea di un clima torbido, all'interno dell'azienda di cui fa parte…
Con lettera del 15.5.2015 è stato intimato il licenziamento sul rilievo che i fatti contestati e ritenuti addebitabili al dipendente, a titolo di dolo o di negligenza grave e ingiustificabile, travalicassero ogni limite di critica e di satira e impedissero la prosecuzione del rapporto di lavoro.
In merito alla questione del carattere "chiuso" oppure "aperto" del profilo Facebook all'epoca dei fatti, i giudici del reclamo hanno fondato la decisione sulla dichiarazioni rese dal medesimo lavoratore (nel corso dell'interrogatorio formale all'udienza dell'11.2.2016 e poi all'udienza del 14.4.2016, dopo il conferimento dell'incarico al c.t.u.) ed hanno inteso tali dichiarazioni come ammissive, non solo della paternità dei "post" pubblicati, ma anche della diffusività di quei post, cioè dell'essere gli stessi, per il carattere "aperto" del profilo Facebook, visibili da un numero indeterminato di persone, vale a dire dalla generalità degli utenti di Facebook.
Appurata la generale visibilità e diffusività dei messaggi "postati" su Facebook, la Corte di merito ha confermato il carattere diffamatorio della condotta addebitata al lavoratore, il travalicamento dei limiti di continenza verbale e l'insussistenza dei presupposti della scriminante dell'esercizio del diritto di critica nell'ambito delle relazioni sindacali.
Avverso tale sentenza Omissis ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Invoca, avendo denunciato il carattere ritorsivo e discriminatorio del licenziamento comminatogli quale rappresentante sindacale aziendale (Rsa) della Filt Cgil, il criterio di agevolazione probatoria che, nel caso di specie, e sulla base dell'accertato invio della e-mail da parte della segretaria della Filt Cgil, avrebbe dovuto portare a ritenere integrata la prova del rituale recapito dell'istanza di audizione.
Richiama la giurisprudenza di legittimità che attribuisce alla lettera raccomandata e al telegramma il valore di prova certa della spedizione, da cui consegue la presunzione (iuris tantum) di arrivo dell'atto al destinatario.
Critica la sentenza impugnata per non aver considerato elemento indiziario grave, preciso e concordante, il godimento di un permesso sindacale richiesto con la stessa e-mail contenente l'istanza di audizione e per non avere ammesso la prova testimoniale sul punto.
I primi due motivi di ricorso, da trattare insieme perché in parte sovrapponibili, sono infondati.
Sul tema della richiesta di audizione, occorre considerare che il sistema di posta elettronica ordinaria è privo delle caratteristiche che consentono di attestare con certezza l'avvenuta ricezione della comunicazione da parte del destinatario.
"Con l'invio a casella e-mail ordinaria vengono a mancare tutti quei sistemi di corredo della certezza della comunicazione che consentono, pur se la mail non sia in concreto letta, di averne per verificati gli effetti legali per il solo fatto che essa sia pervenuta presso l'indirizzo di posta certificata del destinatario" e che la "ricevuta di avvenuta consegna, propria solo della regolare notifica a mezzo Pec non (è) sostituibile, con validi effetti legali, da eventuali forme meno rigorose di analoga documentazione della posta mail ordinaria"
Difetta quindi la prova, nel caso di specie, della ricezione da parte della società della richiesta di audizione inviata tramite e-mail, risultando insufficiente la avvenuta dimostrazione dell'invio della richiesta medesima; dal che discende l'insussistenza del vizio di violazione dell'art. 7 St. lav. e dell'art. 1335 c.c.
A proposito del licenziamento discriminatorio si è affermato che, incombe sul lavoratore l'onere di allegare e dimostrare il fattore di rischio e il trattamento che assume come meno favorevole rispetto a quello riservato a soggetti in condizioni analoghe, deducendo al contempo una correlazione significativa tra questi elementi, mentre il datore di lavoro deve dedurre e provare circostanze inequivoche, idonee ad escludere, per precisione, gravità e concordanza di significato, la natura discriminatoria del recesso, (v. Cass. n. 23338 del 2018; n. 25543 del 2018; n. 1 del 2020; n. 5476 del 2021).
Sull'esercizio del diritto di critica, si è riconosciuto, in linea generale, come al lavoratore sia garantito il diritto di critica, anche aspra, nei confronti del datore di lavoro […] ma ciò non consente di ledere sul piano morale l'immagine del proprio datore di lavoro con riferimento a fatti non oggettivamente certi e comprovati, poiché il principio della libertà di manifestazione del pensiero di cui all'art. 21 Cost.incontra i limiti posti dell'ordinamento a tutela dei diritti e delle libertà altrui e deve essere coordinato con altri interessi degni di pari tutela costituzionale" (così Cass. n. 19350 del 2003 in motivazione).
La Corte di merito si è attenuta ai principi di diritto appena richiamati e, con accertamento in fatto non suscettibile di revisione in questa sede (v. Cass. n. 1379 del 2019), ha escluso che ricorressero i presupposti di un legittimo esercizio del diritto di critica per essere le espressioni usate dal lavoratore sindacalista, e pubblicate sul profilo Facebook accessibile a tutti gli utenti, "intrise di assai sgradevole volgarità", prive di qualsiasi seria finalità divulgativa e finalizzate unicamente a ledere il decoro e la reputazione dell'azienda e del suo fondatore. Tale accertamento esclude ogni profilo di discriminatorietà della decisione di recesso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge, da distrarsi in favore dell'avv. Nicola Roberto Toscano, antistatario. Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell'adunanza camerale dell'8.11.2023